Transizione 5.0

transizione 5.0

Lo schema generale del Piano Transizione 5.0

Prima di inoltrarci nel Piano, ricapitoliamo lo schema generale dell’incentivo.

Iniziamo col ribadire una volta di più che il Piano Transizione 5.0 non nasce per sostituire il piano Transizione 4.0, che resta attivo fino a fine 2025 (con consegne fino a giugno 2026) con le aliquote previste dalla legge di bilancio per il 2021 (l’ultima del Governo Draghi). Le aliquote previste per il 2024 dal piano Transizione 4.0 per gli investimenti nei beni materiali previsti nell’allegato A sono:

  • 20% per investimenti fino a 2,5 milioni,
  • 10% per investimenti tra 2,5 e 10 milioni
  • 5% per investimenti tra 10 e 20 milioni di Euro

L’aliquota per gli investimenti nei software previsti nell’allegato B è scesa quest’anno al 15%.

Il piano Transizione 5.0 – il “5.0” fa riferimento al paradigma dell’Industria 5.0 e al fenomeno delle cosiddette transizioni gemelle, quella digitale e quella green – si dispiega come un’integrazione del piano Transizione 4.0. A differenza di quest’ultimo si applicherà per il biennio 2024-2025 (con probabile retroattività al gennaio 2024) senza però nessuna coda per le consegne al 2026, visti i tempi stringenti per la rendicontazione da parte del Governo italiano alla Commissione Europea.

Per accedere all’incentivo del piano Transizione 5.0 sarà innanzitutto necessario fare un investimento in uno dei beni – materiali o immateriali – previsti dagli allegati A o B (quindi sia hardware sia software) del piano Transizione 4.0 e dimostrare che questo è in grado di abilitare anche un processo di efficientamento energetico. A proposito di software, sono ricompresi tra i beni abilitanti anche i sistemi gestionali, benché per la sola parte relativa al monitoraggio dei consumi energetici.

Ricapitolando, occorre quindi

  • acquistare un bene strumentale
  • sviluppare un progetto basato su questo bene che porti a un efficientamento

 

Chi può accedere ai benefici del piano Transizione 5.0

Il piano è dedicato a tutte le imprese che effettuino “nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici”, senza distinzione di forma giuridica, settore, dimensione o regime fiscale.

Sono escluse specificamente le imprese in difficoltà finanziaria o che hanno ricevuto sanzioni interdittive; si richiede inoltre il rispetto delle norme sulla sicurezza e i contributi previdenziali.

I beni strumentali incentivati e il collegamento al piano Transizione 4.0

Per accedere all’incentivo occorre che si verifichino le seguenti condizioni:

  • Effettuare un investimento in almeno uno dei beni strumentali materiali e immateriali previsti agli allegati A e B del piano Transizione 4.0. Anche in questo caso si prevede che i beni devono essere interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di
  • Questi beni devono essere inseriti in un progetto di innovazione che consenta di ottenere una riduzione dei consumi energetici
  • La riduzione dei consumi deve essere pari ad almeno il 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale oppure ad almeno il 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento.

L’allegato B, quello dedicato ai software, viene ampliato, prevedendo l’ammissibilità agli incentivi anche per:

  • software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
  • i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui alla lettera a).

Di fatto si tratta dei sistemi di monitoraggio dei consumi, anche se parte di un più ampio sistema ERP.

Vale la pena sottolineare a questo punto che, se un investimento in beni 4.0 ricade sotto l’ombrello della Transizione 5.0 perché abilita un risparmio energetico, si applicheranno le norme di questo piano (e non più quelle del piano Transizione 4.0) in relazione alle tempistiche e alle modalità di fruizione dell’incentivo. In particolare: l’interconnessione andrà inclusa nella certificazione ex post; il recupero del credito potrà avvenire in un’unica quota e non in tre. I due incentivi, dunque, condividono la base dei beni, ma poi seguono strade diverse.

Il piano Transizione 4.0 resta operativo per tutti gli investimenti nei beni previsti negli allegati A e B che non generano risparmio, oppure generano risparmio sotto le soglie minime previste dal Transizione 5.0.

 

I pannelli fotovoltaici e gli altri sistemi per autoproduzione e autoconsumo

L’accordo siglato con la UE lo scorso agosto prevede, oltre alla linea dedicata ai beni strumentali, anche due linee dedicate ai sistemi per autoproduzione e autoconsumo di energia e alla formazione. In particolare, i 6,3 miliardi sono distribuiti in questo modo:

  • 780 milioni per i beni strumentali
  • 890 milioni per autoconsumo e autoproduzione
  • 630 milioni per la formazione

Si noti che le risorse sono state suddivise in parti uguali per i due anni (3.118.500 per ciascun anno, oltre ai 63.000.000 che spettano al Mimit per la realizzazione della piattaforma). Questo è stato pensato verosimilmente per impedire l’esaurimento di tutto il plafond nel primo anno, lasciando così spazio anche a chi investirà nel 2025.

Per quanto riguarda autoconsumo e autoproduzione, la premessa è che questi investimenti devono comunque far parte di un progetto di innovazione che preveda l’acquisto di beni strumentali, come abbiamo visto nel paragrafo precedente. Se questi progetti siano di valore superiore ai 40.000 euro, è possibile avere il credito d’imposta anche per i “beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta”.

Per quanto riguarda i moduli fotovoltaici, l’incentivo è limitato ai soli pannelli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con efficienza pari ad almeno il 21,5%.

È prevista una maggiorazione rispettivamente del 120% e 140% per quelli a maggiore efficienza previsti dal Decreto Energia (articolo 12, comma 1, lettere b e c del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181), cioè:

  • 120% per i moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5 per cento;
  • 140% per i moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem prodotte nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24,0 per cento.

Si arriva così a un incentivo potenziale del 63% (45% di aliquota massima del Transizione 5.0 con la maggiorazione del 140% della base imponibile). La maggiorazione si applicherà sulla sola parte relativa ai pannelli fotovoltaici.

La formazione

Per quanto riguarda le spese per la formazione del personale, sono ammesse se sono finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi:

  • nel limite del 10% degli investimenti effettuati nei beni strumentali
  • fino a un massimo di 300 mila euro

Le spese devono inoltre essere necessariamente erogate da soggetti esterni individuati con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy

Le aliquote

Le aliquote sono complessivamente 9, Va poi tenuto conto che ciascuna aliquota può essere maggiorata di 1,2 o 1,4 volte considerando quanto abbiamo appena visto in relazione ai soli pannelli fotovoltaici ad elevata efficienza.

Le aliquote di base del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione non inferiore al 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, una riduzione non inferiore al 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, sono:

  • 35% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 15% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 5% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Le aliquote del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione superiore al 6% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 10% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento,

  • 40% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 10% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Nel caso in cui l’investimento consegua una riduzione superiore al 10% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 15% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, le aliquote diventano

  • 45% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 25% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 15% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria

Come si calcola il risparmio energetico per aziende esistenti e di nuova costituzione

Il testo della norma spiega che per calcolare la riduzione dei consumi occorre

  • riproporzionare i conteggi su base annuale
  • fare riferimento ai consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello in cui si effettuano gli investimenti
  • il risparmio sui consumi deve essere “al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico”.

Per non escludere dall’incentivo le imprese di nuova costituzione, il testo prevede che, in questo caso, il risparmio energetico conseguito vada calcolato “rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a uno scenario controfattuale, individuato secondo i criteri definiti nel decreto di cui al comma 17″. In pratica il decreto attuativo darà dei numeri medi di riferimento per i diversi scenari in base ai quali parametrare il risparmio energetico garantito dall’investimento.

Gli oneri documentali

Le imprese dovranno produrre prima (ex ante) e dopo (ex post) aver effettuato l’investimento:

  • una certificazione ex ante
  • una comunicazione ex ante al GSE (per prenotare l’incentivo)
  • comunicazioni di aggiornamento sull’avanzamento degli investimenti
  • una certificazione ex post
  • una comunicazione ex post al GSE (per abilitare la fruizione dell’incentivo)
  • documentazione atta a dimostrare congruità e pertinenza delle spese sostenute
  • certificazione contabile da parte di revisore dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.

Le due “comunicazioni”, il cui contenuto sarà poi illustrato nel futuro decreto attuativo, serviranno al Ministero per tenere conto delle risorse prenotate e utilizzate.

Infine, occorrerà un’ultima certificazione a cura del revisore dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa. Le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti potranno aggiungere 5.000 euro al credito d’imposta per mitigare l’impatto di questa ulteriore spesa.

Le certificazioni

Le due certificazioni ex ante ed ex post dovranno essere rilasciate da un valutatore indipendente (anche in questo caso si attendono ulteriori informazioni dal futuro decreto attuativo, come da comma 17 del decreto, ma in ogni caso EGE e ESCo sono compresi) e riguarderanno aspetti tecnici del progetto di investimento, visto che quelli contabili dovranno essere garantiti dal revisore dei conti.

La certificazione ex ante garantirà la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite i beni strumentali oggetto dell’investimento (beni materiali e immateriali, quindi non vanno considerati autoproduzione ed autoconsumo).

La certificazione ex post garantirà la realizzazione effettiva degli stessi investimenti e l’avvenuta interconnessione dei beni al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

È importante sottolineare la possibilità – valida solo per le piccole e medie imprese – di poter aumentare il credito d’imposta spettante, fino ad un massimo di 10.000 euro al fine di attenuare le spese sostenute per le certificazioni richieste.

 

Come si fruisce dell’incentivo (e il nodo delle tempistiche)

Il GSE diventa il soggetto principale a cui le imprese dovranno rivolgersi (e che dovrà dotarsi di mezzi opportuni utilizzando 45 milioni dei 63 milioni complessivamente assegnati al MIMIT per la realizzazione della piattaforma e il funzionamento dell’incentivo). La procedura si articola in diverse fasi ed è la seguente (commi 10 e 11 del decreto):

  1. le imprese dovranno presentare ex ante al GSE sia la certificazione che attesta le caratteristiche del progetto di investimento e i risultati conseguibili, sia la comunicazione con la descrizione del progetto di investimento e il costo dello stesso;
  2. il GSE verifica la completezza della documentazione e trasmette al MIMIT sia l’elenco delle imprese che hanno validamente chiesto di fruire dell’agevolazione sia l’importo del credito che, se ci sono risorse disponibili, risulta a questo punto “prenotato”;
  3. le aziende fruitrici hanno l’obbligo di inviare al GSE comunicazioni periodiche relative all’avanzamento dell’investimento ammesso all’agevolazione. In base a tali comunicazioni è determinato l’importo del credito d’imposta utilizzabile, nel limite massimo di quello prenotato. Potranno quindi anche essere ammesse variazioni in diminuzione (ad es. minori investimenti o minor risparmio) ma mai in aumento, con la motivazione di poter liberare al più presto risorse prenotate ma non utilizzabili;
  4. al termine dell’investimento l’impresa si rivolge nuovamente al GSE inviando una comunicazione di completamento dell’investimento corredata dalla certificazione ex post;
  5. successivamente il GSE trasmette all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese beneficiarie e l’ammontare definitivo del credito d’imposta utilizzabile in compensazione;
  6. trascorsi cinque giorni dalla trasmissione, da parte di GSE all’Agenzia delle Entrate, dei dati definitivi è possibile presentare il modello F24 per la fruizione del credito (comunque non oltre il entro la data del 31 dicembre 2025).

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, in una sola quota. Nel caso in cui l’impresa non abbia capienza per fruire dell’intero credito, può riportare in avanti e utilizzare in cinque quote annuali di pari importo l’ammontare non ancora utilizzato (comma 13 del decreto).

Il credito d’imposta si usa con le consuete modalità, cioè esclusivamente in compensazione tramite F24 presentato nel canale dei servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate.

Il credito d’imposta “non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale”.

L’avvio della fruizione non potrà in nessun caso superare la data del 31 dicembre 2025. Quindi il 31 dicembre è data che sancisce sia il termine per l’effettuazione dell’investimento sia il termine per la certificazione e l’avvio della fruizione dell’incentivo.

Senza avere la pretesa di essere precisi, considerando che tra l’ordine, la consegna, l’installazione, l’interconnessione e l’adempimento degli oneri documentali, tra tutti le certificazioni, difficilmente passeranno meno di 4 mesi, possiamo dire che di fatto per sfruttare l’incentivo bisognerà sbrigarsi e in ogni caso provvedere all’avvio delle attività entro l’estate del 2025.

 

Addio all’automatismo, occorre attendere il provvedimento di concessione

C’è un’altra ragione per muoversi subito: le risorse sono definite e il Ministero attiverà un contatore (come per la Sabatini, per esempio), per cui al termine delle risorse dovrebbe scattare la chiusura.

La fruizione dell’incentivo infatti non è automatica. Il testo normativo dispone infatti che “il Ministero delle imprese e del made in Italy, prima della comunicazione ai soggetti beneficiari, trasmette all’Agenzia delle entrate, con modalità telematiche definite d’intesa tra il Ministero delle imprese e del made in Italy e l’Agenzia delle entrate, l’elenco delle imprese ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso, nonché le eventuali variazioni e revoche. Il credito d’imposta concesso è disponibile decorsi dieci giorni dalla comunicazione ai beneficiari del provvedimento di concessione”.

Ci sarà quindi un “provvedimento di concessione” fondamentale proprio a garantire al Governo che non vengano sforate le risorse disponibili.

Una seconda nota importante (stavolta positiva) è che mentre è indispensabile che il primo F24 venga fruito entro il 31/12/2025, laddove non si abbia sufficiente capienza per scaricare il credito d’imposta maturato, lo si potrà fare anche in cinque quote annuali di pari importo.

I beni vanno tenuti almeno 5 anni

Anche per il Transizione 5.0 è previsto il meccanismo del Recapture: “se i beni agevolati sono ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione anche se appartenenti allo stesso soggetto, nonché in caso di mancato esercizio dell’opzione per il riscatto nelle ipotesi di beni acquisiti in locazione finanziaria, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di completamento degli investimenti, il credito d’imposta è corrispondentemente ridotto escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo”.

Come si è visto, non mancheranno oneri a carico di chi vorrà fruire dell’incentivo, a partire dalle due comunicazioni e certificazioni. Ci sono poi ulteriori oneri documentali. In particolare, bisognerà conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare

l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.

Le fatture, i documenti di trasporto e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dell’articolo specifico di questo decreto (e successivamente della legge di conversione).

Ci vorrà una apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.

I controlli

Il meccanismo dei controlli del GSE cambia, rispetto ad oggi, in cui è l’Agenzia delle Entrate a chiedere l’intervento del GSE per le valutazioni tecniche. Il comma 16 del decreto prevede invece che “Sulla base della documentazione tecnica prevista dal presente articolo nonché della eventuale ulteriore documentazione fornita dalle imprese, ivi inclusa quella necessaria alla verifica della prevista riduzione dei consumi energetici, il GSE, effettua, entro termini concordati con l’Agenzia delle entrate, i controlli finalizzati alla verifica dei requisiti tecnici e dei presupposti previsti dal presente articolo per la fruizione del beneficio”.

Il nuovo ruolo del GSE è da accogliere sicuramente con favore, in quanto la garanzia di un controllo da parte di un ente con competenze tecniche dovrebbe evitare le situazioni verificatesi con il credito d’imposta per le attività di Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Design.

È da attendere anche il testo di conversione in legge, come già accennato all’inizio, in quanto il testo del comma 16 contiene una frase probabilmente non completa (si pensa manchi almeno la parola “indebita” accanto a fruizione).

In caso di accertamento, è sempre il Ministero a provvedere al recupero del relativo importo maggiorato di interessi e sanzioni.

Il credito d’imposta Transizione 5.0 è cumulabile con altri incentivi che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che il cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto.

Non è invece cumulabile, in relazione ai medesimi costi ammissibili, con il credito d’imposta Transizione 4.0 (come dicevamo, se si entra nell’alveo del 5.0 si esce da quello del 4.0) né con il credito d’imposta per investimenti nella ZES unica.

 

Il prossimo decreto attuativo

Dall’analisi emerge che sono ancora molteplici gli aspetti che dovranno essere approfonditi nel decreto attuativo che dovrà essere emanato dal Ministro delle imprese e del made in Italy di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge.

Il decreto attuativo dovrà occuparsi di tutta la parte di dettaglio assente dal decreto-legge e che è di fatto relativa ai contenuti e alle modalità di presentazione delle comunicazioni ex ante ed ex post, ai contenuti e alle modalità di presentazione alle certificazioni ex ante ed ex post, all’indicazione dei soggetti titolati a redigere le certificazioni, ai criteri per la determinazione del risparmio energetico conseguito, con particolare riferimento al punto iniziale a cui dovranno fare riferimento le imprese di nuova costituzione.

Molto probabilmente il futuro decreto attuativo fornirà dei valori medi di riferimento a seconda dei diversi scenari, per permettere di parametrare il risparmio energetico derivante dall’investimento. In effetti sono due i provvedimenti attuativi attesi. Il primo dovrà essere adottato dal MIMIT entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto e definirà almeno sette aspetti:

  1. contenuto e modalità di trasmissione di comunicazioni e certificazioni (compresa l’avvenuta interconnessione);
  2. criteri per la determinazione del risparmio energetico conseguito;
  3. procedure di concessione e fruizione del credito d’imposta, nonché di controllo ed eventuale recupero;
  4. modalità per assicurare il rispetto del limite di spesa (3,15 miliardi per il 2024 e altrettanti per il 2025);
  5. individuazione dei requisiti dei certificatori;
  6. eccezioni relative agli investimenti non agevolabili;
  7. modalità con cui assicurare che almeno 4 miliardi contribuiscano agli obiettivi in materia di cambiamenti climatici, come previsto dal Recovery Plan.

Il secondo decreto attuativo, per il quale non è indicata una data limite di emanazione, definirà i requisiti dei formatori cui le imprese si potranno rivolgere per le spese di formazione agevolabili.